Articoli

Senza categoria -

Bartoli Design: Come nasce e si sviluppa un progetto

Come nasce e si sviluppa un progetto la fase iniziale di un progetto parte dalla messa a fuoco del tema, poi che cosa si fa? c’è qualcuno, anche qui nello studio, che inizia a lavorare subito con il computer, qualcun altro prende in mano la matita oppure fa lavorare il cervello senza fare niente che è fondamentale.

La matita è la prima fase di intervento e di lavoro perché il computer è un mezzo straordinario ma molto più vincolante e sotto il profilo dell’invenzione molto più lungo. la prima parte dell’invenzione è un’insieme di immagini; prende forma con qualcosa che viene appuntato con la matita, uno fa dei segni. Poi da questi segni si passa ad una scala diversa di lavoro, scala anche mentale, si lavora sempre con la matita facendo dei disegni più definiti e una volta capito che questa è la strada da seguire si passa all’uso del computer che consente di fare delle verifiche che una volta non si facevano. una volta eravamo vincolati al tecnigrafo che condizionava la forma del progetto; prima ancora si usa la parallela e poi si usavano le squadre e la forma del progetto nasceva anche dal rispettare certi angoli nel tracciare le linee che invece sono superate dall’uso del computer. lavoriamo con un 3d fisico perché utilizziamo molto i modelli sia in scala ridotti sia in scala 1 a 1 per progettare. immediatamente dopo il primo schizzo che è un’appunto di un idea di quello che è sedimentato e quindi dire come nasce questa idea iniziale è complicato è sempre diverso, nasce da un milione di suggestioni. dopo questa fase fisica usiamo il 3d invece per una messa a punto di proporzioni o tecnica insieme a dei disegni tecnici veri e proprio di dettaglio. quello che ricaviamo dal modello, questi stimoli, suggerimenti e modifiche. questo work in progress che nasce dal lavoro fatto sulla carta, poi sul modello, poi sul computer, ci permette di   confrontare  a cosa serve l’immagine riprodotta sul computer e quella ricavata da un modello. c’è una differenza molto grande per me almeno ma credo si un po’ per tutti. io ho constatato che l’immagine sul computer non è ben leggibile, inganna, agli effetti del risultato finale del prodotto. la matita è il mezzo più veloce per passare da qua a qua. per cui il primo step, lo schizzo, tramite la matita arriva velocemente e permette anche un’evoluzione dell’idea molto più facile che se uno partisse direttamente sul computer. noi non usiamo molto spesso la prototipazione rapida perché come dice Anna per noi il modello è uno strumento di lavoro, di sviluppo del progetto; per cui mentre il modello viene sviluppato, cambia, viene aggiornato; cosa che non è possibile fare con un modello di prototipazione rapida. il prodotto di design ha un padre ed una madre: il designer e l’azienda. c’è un’integrazione tra le idee creative del designer ed il know how, l’esperienza di mercato dell’azienda, la comunicazione. bisogna mettere insieme queste due cose. la qualità del design, la qualità del prodotto, la qualità del progetto cambia anche in funzione del tipo di rapporto che si ha con il cliente. a volte diventa impersonale la progettazione, altre volte c’è una concretezza e quindi un’emozione diversa nel progettare che nasce dal poter avere ogni tanto dei rapporti diretti, degli incontri con i committenti o con lo staff dell’azienda come nel caso attuale; questo secondo me è fondamentale. molti stranieri, per mancanza di tradizione specifiche sul modo di fare design che abbiamo noi in europa fan fatica a capire che il progetto non nasce dal progettista solo, dal designer solo; il progetto nasce dal designer, dall’azienda, dall’artigiano che  fa i prototipi perché ognuno da un’apporto che deve essere colto e utilizzato. il designer deve essere capace  di raccogliere questi stimoli per mettere a fuoco il progetto e nel rapporto a distanza questo non avviene. per certi progetti abbastanza complessi diventa veramente difficile  mettere a punto tutti i particolari nel modo giusto. non ricordo più quale celebre designer ha detto e sostenuto che il design è fatto di particolari. io credo che questo sia molto vero: c’è un’insieme ovviamente ma la stessa forma che non è messa a fuoco bene nei particolari perde sostanza. Non bisogna scoraggiarci difronte alle difficoltà di definizione del linguaggio della forma perché ad un certo punto la soluzione arriva basta dare il tempo a quest’evoluzione del progetto di maturare. in realtà l’ispirazione io dico tra virgolette: continuiamo a copiare, l’ispirazione è un rialacciarsi a cose esistenti nei linguaggi esistenti reinterpretandole. di veramente nuovo molto difficilmente c’è qualcosa nel design  c’è sempre una rilettura con un linguaggio aggiornato di cose fatte nel passato. poi ci sono delle innovazioni straordinarie parliamo di architettura non di design. Ma perché continuiamo a fare tavoli? o perché continuiamo a fare sedie? io dico che ormai non più un’architetto sono un seggiolaio perché ho sempre disegnato sedie, continuo a disegnarle sempre in qualche modo diverso per comunicare la forma della sedia e per realizzarla. copio sempre da qualcosa, mi avete chiesto quali sono le fonti di ispirazioni ma è la realtà che ci circonda ma poi i designer che sono stati più bravi di noi gli Eames che sono per me una pietra miliare nello sviluppo del design. uno non può rifare le cose che hanno fatto gli Eames, le han fatte loro. Poi le han fatte con il linguaggio giusto per l’epoca in cui lavoravano. che senso ha stare al mondo? ma cosa c’è prima e cosa c’è dopo? nascono una serie di interrogativi sul significato di progettare un tavolo nuovo